Se questa è l'Italia...
Leggo il giornale online, e l'attenzione mi cade su questa lettera. Dato che è una cosa che mi tocca da vicino, copio e incollo.
Francois, Joseph e Jean Paul Frattini, questi i nostri nomi. Nomi francesi accostati a un cognome tipicamente italiano per attestare le nostre origini. Nati da madre haitiana e padre italiano, siamo cresciuti e abbiamo vissuto tutta la nostra vita a Brescia. Ciononostante, la nostra pelle porta con sé la condanna di una discendenza troppo scomoda. Non è mai passato inosservato il nostro colorito acceso, ma fatta eccezione per qualche vile commento bisbigliato vigliaccamente sottovoce, abbiamo sempre vissuto serenamente. Questo fino a poco tempo fa, precisamente fino alla sera di venerdì 19 marzo, quando un atto di discriminazione razziale ci ha coinvolti in prima persona. Avevamo programmato una serata tra fratelli in un locale molto noto, l’Hotel Costez, situato nel centro di Cazzago San Martino. Eravamo vestiti elegantemente, come richiede quel locale. Ma, quando eravamo a circa 10 metri dall’ingresso, un buttafuori ci ha bloccati e, senza troppe remore, ci ha vietato di entrare. Il motivo? La risposta è sconcertante: “E dai ragazzi, lo sapete!”. Sappiamo cosa? Ciò che ben sappiamo e di cui andiamo fieri, è che siamo neri. E all’entrata ribadiscono: “Siete extracomunitari e non potete entrare”. La schiettezza con cui ce l’hanno detto e la totale mancanza di rispetto per una categoria sempre meno tutelata, non ha fatto che rafforzare la nostra convinzione di voler entrare. Abbiamo deciso di non mostrare la carta di identità per provare la nostra italianità, e di continuare nella parte che ci era stata assegnata. Il buttafuori continua a sostenere che era una regola e come tale non poteva essere violata. Certo, una re- gola non scritta, ma non per questo meno valida. Dopo vari tentativi, ci accordiamo per restare nel- la zona esterna del locale, confinati come cani. Non paghi dell’obiettivo raggiunto, ci intrufoliamo all’interno. Ma subito un altro imponente buttafuori ci accompagna all’uscita. E non è servito a nulla mostrare i documenti per intaccare le loro ferree convinzioni: neri eravamo e neri re- stavamo. Questione di pelle. Ci chiediamo, alla luce di quello che è successo, se questo stesso senti- mento di superiorità che ha indotto il proprietario di un locale a vie- tare l’ingresso a tre connazionali perché non bianchi, sia diffuso a tal punto da essere universalmente condiviso o quantomeno tollerato. Ci sentiamo feriti e non abbiamo voglia di tacere o di essere azzittiti. E dopo 27, 28 e 34 anni vissuti in Italia, sentirsi estranei e discriminati nella propria casa, ha fatto scattare una profonda frustrazione in noi.
Dal Fatto Quotidiano del 31 Marzo 2010.
Questa è l'Italia?
Questa è l'Italia.
Sono in partenza per Bangkok. Spero di riuscire a correre bene come ho fatto qui a Vientiane.
Francois, Joseph e Jean Paul Frattini, questi i nostri nomi. Nomi francesi accostati a un cognome tipicamente italiano per attestare le nostre origini. Nati da madre haitiana e padre italiano, siamo cresciuti e abbiamo vissuto tutta la nostra vita a Brescia. Ciononostante, la nostra pelle porta con sé la condanna di una discendenza troppo scomoda. Non è mai passato inosservato il nostro colorito acceso, ma fatta eccezione per qualche vile commento bisbigliato vigliaccamente sottovoce, abbiamo sempre vissuto serenamente. Questo fino a poco tempo fa, precisamente fino alla sera di venerdì 19 marzo, quando un atto di discriminazione razziale ci ha coinvolti in prima persona. Avevamo programmato una serata tra fratelli in un locale molto noto, l’Hotel Costez, situato nel centro di Cazzago San Martino. Eravamo vestiti elegantemente, come richiede quel locale. Ma, quando eravamo a circa 10 metri dall’ingresso, un buttafuori ci ha bloccati e, senza troppe remore, ci ha vietato di entrare. Il motivo? La risposta è sconcertante: “E dai ragazzi, lo sapete!”. Sappiamo cosa? Ciò che ben sappiamo e di cui andiamo fieri, è che siamo neri. E all’entrata ribadiscono: “Siete extracomunitari e non potete entrare”. La schiettezza con cui ce l’hanno detto e la totale mancanza di rispetto per una categoria sempre meno tutelata, non ha fatto che rafforzare la nostra convinzione di voler entrare. Abbiamo deciso di non mostrare la carta di identità per provare la nostra italianità, e di continuare nella parte che ci era stata assegnata. Il buttafuori continua a sostenere che era una regola e come tale non poteva essere violata. Certo, una re- gola non scritta, ma non per questo meno valida. Dopo vari tentativi, ci accordiamo per restare nel- la zona esterna del locale, confinati come cani. Non paghi dell’obiettivo raggiunto, ci intrufoliamo all’interno. Ma subito un altro imponente buttafuori ci accompagna all’uscita. E non è servito a nulla mostrare i documenti per intaccare le loro ferree convinzioni: neri eravamo e neri re- stavamo. Questione di pelle. Ci chiediamo, alla luce di quello che è successo, se questo stesso senti- mento di superiorità che ha indotto il proprietario di un locale a vie- tare l’ingresso a tre connazionali perché non bianchi, sia diffuso a tal punto da essere universalmente condiviso o quantomeno tollerato. Ci sentiamo feriti e non abbiamo voglia di tacere o di essere azzittiti. E dopo 27, 28 e 34 anni vissuti in Italia, sentirsi estranei e discriminati nella propria casa, ha fatto scattare una profonda frustrazione in noi.
Dal Fatto Quotidiano del 31 Marzo 2010.
Questa è l'Italia?
Questa è l'Italia.
Sono in partenza per Bangkok. Spero di riuscire a correre bene come ho fatto qui a Vientiane.
Commenti
Ma mi chiedo anche perchè ostinarsi tanto per essere "ospiti" di un ristoratore simile. Possibile che non ci fossero altri ristoranti in zona?
Poi, la "sfortuna" ha voluto che crescessi in Austria, dove erano gli italiani che non venivano fatti entrare in disco...
di gente infame, che non sa cos'è il pudore,
si credono potenti e gli va bene quello che fanno;
e tutto gli appartiene.
Tra i governanti, quanti perfetti e inutili buffoni!
Questo paese è devastato dal dolore...
ma non vi danno un po' di dispiacere
quei corpi in terra senza più calore?
Non cambierà, non cambierà
no cambierà, forse cambierà.
lo aspettai fuori.
le vie dell'odio sono infinite.
luciano er califfo.