Farewell to Myanmar!
Ultimo giorno in Birmania (o Myanmar), e precisamente nella capitale Rangoon (o Yangon). Me ne vado e sono dispiaciuto perché in dieci giorni di permanenza non ho visto nulla, ho solo intravisto qualcosa, e quello che sono riuscito a vedere è bellissimo. Il lavoro è lavoro, e non si può tramutare una missione di lavoro in una vacanza turistica. Certo, se durante una missione riesci a ritagliarti un po' di tempo, te ne vai in giro a fare un po' il turista. Ma se questo ritaglio di tempo non lo trovi, il turista non lo fai, e quando sei sulla via dell'aeroporto, pensi che hai appena mancato un'occasione, e pensi che ogni lasciata è persa, e altre stronzate del genere…
La Birmania, l'ho solo sfiorata. Ho visto i monaci buddisti vestiti di rosso porpora sfilare per le strade della capitale all'alba a cercare un po' di cibo per la giornata, ho visto, in un momento di magia assoluta, il sole sorgere dietro alla pagoda shwedagon, bambini per strada vendere fiori di agrumi profumatissimi, laghi dappertutto in città, dove meno te l'aspetti, le donne con le guance o la fronte colorate d'argille gialla. La città l'ho vista poco, molto poco, giusto un passaggio veloce in centro e sono rimasto colpito dalla grande quantità di edifici di stile vittoriano coloniale, edifici stupendi, ma in stato evidente d'abbandono. Che città magnifica che diventerebbe se fosse appena appena tirata a lucido!
Ho parlato con ufficiali governativi, ex-militari divenuti imprenditori, associazioni di produttori, ma non con la gente. La gente della Birmania l'ho solo sfiorata, al ristorante mentre mi serviva il pranzo o la cena, la guardia che mi apriva la porta della macchina, i cittadini comuni che mi salutavano mentre correvo. Sono rimasto colpito dalla gente, dalla sua bellezza, dal senso di dignità che traspare in ogni viso, dai sorrisi continui e sinceri, dall'educazione e dalla gentilezza. Lo stesso dicasi degli ex-militari, militari e ufficiali governativi.
Eppure, siamo in Myanmar, a Yangon, dove poco tempo fa, un giornalista giapponese è stato ucciso con un colpo alla testa senza motivo apparente, dove ogni sussulto democratico della società viene represso nel sangue, dove gli esponenti dei partiti d'opposizione sono in galera o in esilio o agli arresti domiciliari. Ci sarebbero delle elezioni democratiche quest'anno, ma la legge elettorale appena varata esclude dalla competizioni tutti i politici attualmente in stato d'arresto.
Sono sulla via dell'aeroporto, e sono dispiaciuto, ho il magone, perché ho perso un'occasione e non so se e quando si ripresenterà. Cosa pensa la gente? Di cosa parla la gente quando se ne sta a casa propria? Cosa dice la gente seduta al bar intorno a qualche bottiglia di birra? Critica apertamente il regime? Ha paura? C'è un fermento che serpeggia e che libererà il paese? C'è anche qua la psicopoizia?
Me ne vado e ne so quanto ne sapevo quando sono arrivato.
Ma almeno, posso dire che i miei piedi hanno calpestato le strade di Yangon, correndo.
La Birmania, l'ho solo sfiorata. Ho visto i monaci buddisti vestiti di rosso porpora sfilare per le strade della capitale all'alba a cercare un po' di cibo per la giornata, ho visto, in un momento di magia assoluta, il sole sorgere dietro alla pagoda shwedagon, bambini per strada vendere fiori di agrumi profumatissimi, laghi dappertutto in città, dove meno te l'aspetti, le donne con le guance o la fronte colorate d'argille gialla. La città l'ho vista poco, molto poco, giusto un passaggio veloce in centro e sono rimasto colpito dalla grande quantità di edifici di stile vittoriano coloniale, edifici stupendi, ma in stato evidente d'abbandono. Che città magnifica che diventerebbe se fosse appena appena tirata a lucido!
Ho parlato con ufficiali governativi, ex-militari divenuti imprenditori, associazioni di produttori, ma non con la gente. La gente della Birmania l'ho solo sfiorata, al ristorante mentre mi serviva il pranzo o la cena, la guardia che mi apriva la porta della macchina, i cittadini comuni che mi salutavano mentre correvo. Sono rimasto colpito dalla gente, dalla sua bellezza, dal senso di dignità che traspare in ogni viso, dai sorrisi continui e sinceri, dall'educazione e dalla gentilezza. Lo stesso dicasi degli ex-militari, militari e ufficiali governativi.
Eppure, siamo in Myanmar, a Yangon, dove poco tempo fa, un giornalista giapponese è stato ucciso con un colpo alla testa senza motivo apparente, dove ogni sussulto democratico della società viene represso nel sangue, dove gli esponenti dei partiti d'opposizione sono in galera o in esilio o agli arresti domiciliari. Ci sarebbero delle elezioni democratiche quest'anno, ma la legge elettorale appena varata esclude dalla competizioni tutti i politici attualmente in stato d'arresto.
Sono sulla via dell'aeroporto, e sono dispiaciuto, ho il magone, perché ho perso un'occasione e non so se e quando si ripresenterà. Cosa pensa la gente? Di cosa parla la gente quando se ne sta a casa propria? Cosa dice la gente seduta al bar intorno a qualche bottiglia di birra? Critica apertamente il regime? Ha paura? C'è un fermento che serpeggia e che libererà il paese? C'è anche qua la psicopoizia?
Me ne vado e ne so quanto ne sapevo quando sono arrivato.
Ma almeno, posso dire che i miei piedi hanno calpestato le strade di Yangon, correndo.
Commenti
ciao bello
Complimenti, bel racconto.
democrazia, dittatura... da tempo ho perso la chiarezza della distinzione dei concetti.
in italia, al contrario che in myanmar, quelli che dovrebbero stare in galera si presentano alle elezioni: viva la democrazia!
luciano er califfo.
DITTATURA: quando chi si dovrebbe presentare alle elezioni sta in galera.
DEMOCRAZIA: quando chi dovrebbe stare i galera si presenta alle elezioni.
luciano er califfo.
Grazie per i vostri commenti.
E un grazie speciale al califfo per il post delle 17.03: secondo me, da incorniciare!
er califfo.