7 chilometri e 80 metri, 7 come il mese di luglio, 8 come venerdì 8 quando tutto è iniziato.
Questo sarebbe un blog di corsa, un po’ moribondo per tanti motivi, ma di tanto in tanto lascio qualche traccia, e oggi ne ho voglia.
Venerdì scorso, finito di lavorare, torno a casa che si trova dentro lo stesso compound dove c’è l’ufficio. Siamo dentro la base principale delle Nazioni Unite a Juba. A poche centinaia di metri, c’è la postazione delle truppe dell’opposizione, intorno al perimetro della base, due campi, dove una popolazione di diverse migliaia di persone di etnia Nuer è protetta dai caschi blu. La postazione delle truppe dell’opposizione è il risultato di un tentativo di pace tra l’opposizione e il governo, il capo dell’opposizione essendo stato nominato vice-presidente del governo di transizione. La tensione è alta da mesi, ma da una settimana è al culmine dopo l’uccisione di due esponenti di spicco dell’opposizione e di cinque soldati governativi in due incidenti separati.
Torno a casa e decido di correre. Corro ormai con costanza e dedizione. Il dolore ai tendini è ormai solo un ricordo. Riesco ad allungare le distanze e ad andare più veloce. Faccio tre giri del compound, circa 15 chilometri a 4’50”/km. Me la prendo comoda, cerco di godermi ogni passo. Sono distanze che fino a pochi mesi fa mi sognavo. Finita la corsa, i miei colleghi m’informano che c’è casino in città. Si stanno sparando. Mentre chiacchieriamo davanti alle nostre case, cominciano a sparare intorno a noi. Prima artiglieria leggera, quasi quasi sembra pioggia, poi calibri più pesanti. Andranno avanti per circa tre ore. Sono i soldati governativi che stanno attaccando la postazione dell’opposizione. Tra una pausa e un’altra, riusciamo nell’intento ad accendere il barbecue. Con il calar del sole, l’intensità del fuoco diminuisce. Ci mangiamo le bistecche e gli hamburger, con il cielo illuminato di tanto in tanto dai traccianti. Sappiamo bene che questo è solo l’antipasto, ma mai, mai mi sarei immaginato un primo piatto del genere. Sabato passa abbastanza tranquillo, qualche sparo isolato ma nulla di speciale. Domenica ci svegliamo, insieme con un collega ci godiamo un bel caffè sulla mia verandina e poi comincia il casino. Non è questo il luogo di andare nei dettagli, basterà dire che le prime quattro ore le passiamo chiusi nel cesso. Artiglieria leggera, pesante, granate, colpi di cannone e di carri armati. Le nostre case vengono colpite a più riprese. Ci troviamo proprio sulla linea di fronte. I muri della casa tremano. Il tetto viene colpito ripetutamente. Nei pochi momenti di pausa, riesco a chiamare i colleghi nelle altre case e farli venire da me. Faccio entrare anche 5 guardie di sicurezza locali, giovani ragazzi non armati completamenti esposti al fuoco. Siamo tutti per terra, aspettiamo e non abbiamo idea di cosa stia succedendo. All’ora di pranzo, riesco a cuocere un po’ di pasta per tutti, il tempo di mangiare che riprende il fuoco con ancora più vigore, siamo stanchi e vogliamo solo che finisca al più presto. Ma niente, questi vanno avanti senza stancarsi. A sera, appena cala il sole, si scatena un temporale mai visto prima. Lampi e tuoni che hanno il merito di raffreddare gli animi. Piano piano cala il fuoco, ceniamo e andiamo a dormire.
Lunedi mattina, solito caffè sulla veranda. C’è un’illusione che il peggio sia passato, ma alle nove e mezza precise, riprendono dove aveva finito il giorno precedente, con l’aggiunta di altri carri armati e di elicotteri che sparano missili proprio sulle nostre teste. A sera, un cessate il fuoco viene dichiarato, poi c’è la notizia che l’opposizione si ritira. Il cielo della notte s’illumina di traccianti sparati in segno di festeggiamento. Martedì passa abbastanza tranquillo e mercoledì cominciamo con le evacuazioni del personale. Esco per accompagnare i colleghi all’aeroporto. Soldati morti sulla strada, APC distrutti ai lati della strada con cadaveri bruciati dentro. Una desolazione mai vista prima. Con il passare dei giorni, il tanfo della morte aumenta sempre più poi ieri, finalmente, la Croce Rossa comincia a raccogliere i corpi. Parlano di circa 300 morti da venerdì. Boh… dalla quantità di roba che questi si sono buttati addosso, mi sembra poco, ma non sono un esperto di guerra e non voglio diventarlo.
Dopo quanto successo, mi ritrovo la sera nella veranda a godere del silenzio, con solo il rumore del generatore nel sottofondo. Pace.
Oggi, dopo 8 giorni, sono uscito di nuovo per una corsa. Gambe pesanti, andamento incerto, ma l’importante era solo riprendere una parvenza di normalità.


Commenti

er Moro ha detto…
Tutta la mia stima ed un coraggioso tieni duro ragazzo!
Correre è il rimedio per tutto ma a volte sembra non bastare!
Master ha detto…
Il contrasto tra il preparare la pasta o il barbecue e i colpi di cannone mi fa venire i brividi, ancora non capisco come cazzo fai a stare ancora li, proprio per questo ti ammiro ancora di più.
Sei il migliore Karim