Awdegle, Somalia

Arrivo a Mogadiscio da Nairobi, per proseguire verso Awdegle, piccolo villaggio più a Sud. Il mio accompagnatore somalo, John, aveva provato ad organizzare una toccata e fuga, tipo, si arriva in mattinata, piccolo giro di ricognizione, e poi ritorno a Mogadiscio in giornata. Ma no, sono un professionista serio. Se devo formulare un progetto, voglio rendermi ben conto della situazione. Un giorno non basta. Ce ne vogliono almeno quattro. Almeno. E quindi, all’aeroporto mi aspetta John con una macchina e una tecnica.
La tecnica è un pick-up 4x4, di solito Toyota Hilux o Landcruiser e qualche volta Land Rover. Sul cassone dietro c’è un mitragliatore browning. Qualche volte ci piazzano una batteria anti-aerea.
Sulla tecnica, oltre al mitragliatore, c’è la mia scorta. Partiamo verso sud per le strade polverose somale. I check-point ci fanno passare senza fare storie visto la nostra potenza di fuoco. In poche ore siamo ad Awdegle e capisco che ho fatto una grande, grandissima cazzata. Mi portano subito a casa dello sceicco del villaggio, morto proprio poche ore fa. Ho il grande onore di soggiornare in quella casa e scopro con stupore che dormirò nel letto del morto. E non sono state cambiate le lenzuola.
Il caldo è difficilmente descrivibile. Fa caldo. Tanto caldo. E ci sono mosche. Tante mosche. Il pavimento viene lavato con la nafta per scacciare le mosche. La nafta! Immaginate il profumino.
Ho bisogno di andare in bagno. Entro e vedo che la parete è stata appena ridipinta di nero, un nero luccicante. Poi vedo meglio: non è pittura, ma scarafaggi addossati gli uni sugli altri. Apro il “water” ed esce una nuvola di zanzare e capisco che questo water è stato semplicemente messo sopra un grosso buco, ovviamente pieno di escrementi ed insetti. Capisco che saranno tre lunghissimi giorni e che la prossima volta darò più ascolto a John.
Di giorno ce ne andiamo per i campi a vedere canali d’irrigazione e campi coltivati. A sera torniamo a casa dove Medina Grande, la nostra cuoca da sempre, mi guarda con uno sguardo sconsolato, lamentandosi che in questo villaggio sperduto non c’è niente. Ma chissà come riesce a preparare pasta con sugo, un secondo di carne e contorno.
La notte, sdraiato sul letto sudicio del morto, sento degli animali camminare su di me, ragni o scarafaggi, chissà. Nella stanza accanto, le prefiche cantano e piangono il morto. Fa sempre caldo. Sono coperto di sudore e non reagisco nemmeno alle zanzare che mi ronzano intorno.
Vorrei uscire e dormire fuori insieme alla scorta e fare i miei bisogni nei campi all’aperto, ma non posso, sarebbe un’offesa. Resisto e in qualche modo il giorno della partenza arriva. E capisco che l’uomo riesce ad abituarsi a tutto. Entrare in macchine e lasciarmi Awdegle alle spalle è una liberazione. Torniamo a Mogadiscio dove passo la notte in un albergo. Aragoste per cena, grandi chiacchierate con John e l’oste, l’acqua corrente che esce dai rubinetti, la finale di Champions alla tele e capisco di essere tornata alla civiltà. A Mogadiscio Sud.
Era il 2002 o 2003, non ricordo bene. Poco dopo ritorno in Italia e il progetto che ho formulato sarà approvato ed implementato. Durante l’implementazione, i due cooperanti Italiani verranno rapiti, insieme a John. Rimarranno in cattività per un paio di mesi e poi saranno rilasciati. Di John non si sono avute più notizie, e tutto lascia presagire che è stato ucciso. Anche Medina Grande nel frattempo è morta, probabilmente di malattia e di stenti.
Che sfiga.
Prossima puntata: "fuga da Jamama"
Commenti
Grazie
E' nata la piccola ?
Gian Carlo: l'appuntamento è per mercoledí 1 aprile, ore 7 e 30 al San Camillo...
In bocca al lupo ;D
Aggiungo, in bocca al lupo per la pesciolotta d'aprile!