La mezza ridotta di Port-au-Prince
Ho lasciato Juba
a fine novembre. Non ce la facevo più. Volevo tornare a stare con la mia
famiglia in Uganda. Quindi mi hanno mandato in missione a Haiti.
Haiti quindi,
isola dei Caraibi, belle spiagge, ma tanti problemi. E se sono venuto qua, è
solo per colpa dell’uragano Matthew che ha fatto molti danni. Non è l’ideale,
ma sempre meglio del Sud Sudan.
Haiti, quindi, e
una domenica di dicembre con un collega passata nella costa Sud, in un posto che si chiama
Jacmel. Le indicazioni che ci hanno dato sono sbagliate, ci ritroviamo in una
cittadina in piena decadenza, i danni del terremoto anche ben visibili, una spiaggia
piena di detriti, caldo soffocante. Ci fermiamo per mangiare un boccone e una
ragazza canadese, vedendo i miei tatuaggi, mi dice che a febbraio, nella
capitale Port-au-Prince, ci sarà una maratona.
Fast forward e mi
ritrovo il 12 febbraio ad uscire di casa alle 4.30 del mattino per andare in
zona partenza. Ho deciso di iscrivermi alla mezza, ma da più di una settimana
ho un problema al polpaccio che mi impedisce di correre e se riesco a correre,
mi impedisce di spingere. E’ una settimana che non corro nella vana speranza
che il dolore sparisca. Mentre scendo le scale, sento che il dolore è sempre
lì, maledetto.
Esco. Buio pesto.
Le regole di sicurezza delle Nazioni Unite mi impedirebbero di uscire a quest’ora,
è ancora copri-fuoco, e tanto meno uscire a piedi da solo. Ma d’altra parte,
non ho molte scelte. Taxi qui non esistono. Ho camminato e corso in città e non
mi sono mai sentito veramente in pericolo. Decido di andare e arrivo infatti senza alcun problema in zona partenza. La partenza della maratona è a Place Boyer, a circa un
chilometro dal mio alloggio. La mezza invece parte dall’aeroporto e uno shuttle
è stato organizzato per portarci. L’arrivo della mezza e della maratona è in
questa piazza Boyer, che si trova nel punto più alto della città, Petion Ville.
Chi corre la maratona si farà quindi circa 21 chilometri di discesa per
arrivare all’aeroporto, e poi l’altra mezza in salita per tornare al punto di
partenza. Chi fa la mezza invece, ha il privilegio di farsi praticamente tutta
la gara in salita.
I partecipanti
alla maratona sono una ventina, forse meno. Un tedesco, un inglese, qualche
americano, dei giapponesi e un paio di haitiani. Il tedesco, 77enne, è alla sua
500esima maratona, l’americano di qualche anno più giovane, alla sua 180esima.
Verso le 5 e 15, partono. I partecipanti della mezza si sistemano nello shuttle
e in pochi minuti ci ritroviamo vicino all’aeroporto. Siamo in 5, due soldati americani,
un lituano venuto a visitare la figlia a Miami, un haitiano bianco ed io. Macc,
l’organizzatore, ci ha assicurato che il percorso è ben segnato con cartelli e
frecce disegnato sull’asfalto e ci dice pure che ci sarebbero stati dei volontari
per indicare la strada. Io, per non saper né leggere ne scrivere, ho scaricato
la mappa sul mio Garmin Fenix. Ci guardiamo in faccia, e ci diamo la partenza.
Di cartelli e segnali non ne vediamo, e meno che mai volontari che indicano la
strada, e quindi tutti mi seguono. Il percorso si fa subito abbastanza
difficile, il polpaccio mi fa sempre male. Buio pesto. Verso il decimo
chilometro vediamo il primo segnale e lo seguiamo, anche se ci manda fuori
strada rispetto alla mappa che avevo scaricato. Ci fidiamo del segnale. Ne vediamo
altri due, e poi basta. Siamo completamente fuori strada. La salita intanto si
fa veramente tosta e dobbiamo camminare a tratti. Arriviamo al traguardo che
abbiamo percorso appena più di 16 chilometri, forse non proprio la distanza
regolamentare…
Tagliamo il
traguardo insieme io e il lituano. Gli americani si erano staccati prima. Per
loro fortuna, erano seguiti da un’auto dell’organizzazione che gli ha indicato
il percorso giusto, anche se anche loro hanno percorso appena 12 miglia, invece
delle 13.1 standard. L'haitiano bianco taglia anche lui il percorso, abbastanza stravolto. È stata la prima mezza e prima maratona di Port-au-Prince…
anche il New York City Marathon è iniziato con poche decine di partecipanti,
quindi, forse ieri abbiamo fatto la storia.
Commenti
Ciao caro, un abbraccio!