Elogio della sveltina
Non mi capitava da tempo, svegliarsi che fuori è buio, ascoltare i rumori lontani della città che ancora dorme, e poi i preliminari, fugaci ed essenziali, e poi via, cercare e trovare il ritmo giusto, costante ed appagante, sentire dentro di se il piacere che sale, e poi … doversi fermare, interrompere il tutto sul più bello … Avrei voluto fare un elogio della sveltina, esperienza soddisfacente se cercata e voluta, unica in quanto ti permette di avere massimo profitto in un tempo ristrettissimo, oppure deludente se inaspettata, non voluta ne controllata.
La storia inizia qualche giorno fa, precisamente durante la notte tra giovedì e venerdì scorsi: la figlia numero due non riesce a trovare un sonno sereno, si sveglia, piange, si riaddormenta per poi risvegliarsi, fino a quando, verso le due, comincia a vomitare. Cambia la bimba, cambia il letto, riaddormenta la bimba che vomita di nuovo, ricambia la bimba, ricambia il letto, riaddormenta la bimba, che vomita ancora una volta e ricambia ancora la bimba, vaffanculo al letto, la bimba che dorme nel lettone, dove vomita ancora, cominci ad innervosirti leggermente perché la corsa mattutina sta lentamente sparendo dall’orizzonte delle priorità della giornata, cambia il lettone, ricambia la bimba, e finalmente riesci a dormire un paio d’ore prima che si sveglia la bimba numero 1 che giustamente vuole la sua parte d’attenzione. Venerdì decido di non andare in ufficio e di prendermi un giorno di ferie. Riesco a fare una corsa a Villa Pamphili all’ora di pranzo, 11 chilometri a 4’28”. La giornata di venerdì continua con una diarrea ininterrotta della bimba numero due. Sabato, tutto liscio tranne per la bimba numero due che sta ancora male. Recupero il pettorale della gara di Miguel da correre domenica nell’ambito del lungo interruptus da fare con Janco. Domenica notte, alle ore 3 del mattino, finisce il mio lungo mai cominciato. Mi sveglio con dei fastidi allo stomaco, vado in bagno, non vi racconto i particolari, ma finita la sessione d’emergenza, mi sento un po’ meglio. Dopo circa mezz’ora, altri dolori, nausea, e comincia il vomito. E così fino al mattino. Stessa cosa per la bimba numero uno. L’appuntamento con Janco è fissato per le nove. Alle 7 mi illudo ancora di riuscire a fare il lungo. Alle 8 capisco che non c’è nulla da fare. Passo la domenica in uno stato semi comatoso. A quarant’anni ancora mi stupisco degli effetti che una semplice gastroenterite può avere sul fisico di un soggetto sportivo e in buona salute come me. Una cosa devastante. Dormo gran parte del mattino insieme alle bimbe, non mangio nulla, dormo quasi tutto il pomeriggio, non riesco a mangiare nulla neanche a cena e vado a letto che non sono nemmeno le 21. Lunedì riesco a trascinarmi in ufficio anche se non sono al top, ma la giornata passa abbastanza bene, ricomincio a mangiare e decido di programmare un medio per martedì mattina, cioè oggi.
Mi sveglio alle cinque che fuori è buio, ascolto i rumori lontani della città che ancora dorme, faccio i preliminari fugaci ed essenziali, e poi via, per strada dove cerco e trovo quasi subito un ritmo giusto, costante ed appagante e invece di sentire dentro di me salire il piacere sento solo dei reflussi acidi salire lungo l’esofago. Cerco di non pensarci, di farli passare, ma non c’è nulla da fare. Arrivato a San Pietro, dopo appena due chilometri decido di tagliare il solito giro e tornare a casa. Per la cronaca, 7 chilometri a 4’51”. In ogni metro di questi 7 chilometri avrei potuto rimettere il contenuto del mio stomaco.
Invece di un bel medio, ho fatto una sveltina. Avrei voluto farne l’elogio, ma una sveltina non cercata non è mai bella. Dovrei essere deluso, e invece sono contento. L’esperienza dimostra che dopo una sveltina non cercata, il lungo viene bene e per domani ho in programma proprio il lungo abortito di domenica scorsa.
Ho un po’ paura. La maratona si avvicina, non mi sto allenanado come dovrei. Non sono ancora allo stato di terrore. La differenza tra paura e terrore è che la paura ti viene quando per la prima volta non riesci a farne due, il terrore quando per due volte non riesci nemmeno a fare la prima.
Buona corse.
La storia inizia qualche giorno fa, precisamente durante la notte tra giovedì e venerdì scorsi: la figlia numero due non riesce a trovare un sonno sereno, si sveglia, piange, si riaddormenta per poi risvegliarsi, fino a quando, verso le due, comincia a vomitare. Cambia la bimba, cambia il letto, riaddormenta la bimba che vomita di nuovo, ricambia la bimba, ricambia il letto, riaddormenta la bimba, che vomita ancora una volta e ricambia ancora la bimba, vaffanculo al letto, la bimba che dorme nel lettone, dove vomita ancora, cominci ad innervosirti leggermente perché la corsa mattutina sta lentamente sparendo dall’orizzonte delle priorità della giornata, cambia il lettone, ricambia la bimba, e finalmente riesci a dormire un paio d’ore prima che si sveglia la bimba numero 1 che giustamente vuole la sua parte d’attenzione. Venerdì decido di non andare in ufficio e di prendermi un giorno di ferie. Riesco a fare una corsa a Villa Pamphili all’ora di pranzo, 11 chilometri a 4’28”. La giornata di venerdì continua con una diarrea ininterrotta della bimba numero due. Sabato, tutto liscio tranne per la bimba numero due che sta ancora male. Recupero il pettorale della gara di Miguel da correre domenica nell’ambito del lungo interruptus da fare con Janco. Domenica notte, alle ore 3 del mattino, finisce il mio lungo mai cominciato. Mi sveglio con dei fastidi allo stomaco, vado in bagno, non vi racconto i particolari, ma finita la sessione d’emergenza, mi sento un po’ meglio. Dopo circa mezz’ora, altri dolori, nausea, e comincia il vomito. E così fino al mattino. Stessa cosa per la bimba numero uno. L’appuntamento con Janco è fissato per le nove. Alle 7 mi illudo ancora di riuscire a fare il lungo. Alle 8 capisco che non c’è nulla da fare. Passo la domenica in uno stato semi comatoso. A quarant’anni ancora mi stupisco degli effetti che una semplice gastroenterite può avere sul fisico di un soggetto sportivo e in buona salute come me. Una cosa devastante. Dormo gran parte del mattino insieme alle bimbe, non mangio nulla, dormo quasi tutto il pomeriggio, non riesco a mangiare nulla neanche a cena e vado a letto che non sono nemmeno le 21. Lunedì riesco a trascinarmi in ufficio anche se non sono al top, ma la giornata passa abbastanza bene, ricomincio a mangiare e decido di programmare un medio per martedì mattina, cioè oggi.
Mi sveglio alle cinque che fuori è buio, ascolto i rumori lontani della città che ancora dorme, faccio i preliminari fugaci ed essenziali, e poi via, per strada dove cerco e trovo quasi subito un ritmo giusto, costante ed appagante e invece di sentire dentro di me salire il piacere sento solo dei reflussi acidi salire lungo l’esofago. Cerco di non pensarci, di farli passare, ma non c’è nulla da fare. Arrivato a San Pietro, dopo appena due chilometri decido di tagliare il solito giro e tornare a casa. Per la cronaca, 7 chilometri a 4’51”. In ogni metro di questi 7 chilometri avrei potuto rimettere il contenuto del mio stomaco.
Invece di un bel medio, ho fatto una sveltina. Avrei voluto farne l’elogio, ma una sveltina non cercata non è mai bella. Dovrei essere deluso, e invece sono contento. L’esperienza dimostra che dopo una sveltina non cercata, il lungo viene bene e per domani ho in programma proprio il lungo abortito di domenica scorsa.
Ho un po’ paura. La maratona si avvicina, non mi sto allenanado come dovrei. Non sono ancora allo stato di terrore. La differenza tra paura e terrore è che la paura ti viene quando per la prima volta non riesci a farne due, il terrore quando per due volte non riesci nemmeno a fare la prima.
Buona corse.
Commenti
Ciao, siamo sempre quelle di Metti un finocchio a cena(Gaia stavolta è dietro le quinte!)!
Scusa tantissimo l’effetto “spam”, ma abbiamo pochissimo tempo per avvisare tutti! Dopo il successo della precedente contro l’omofobia, decolla una nuova iniziativa food-bloggers contro l’atteggiamento indegno del Governo nei confronti delle donne. Qui trovi tutte le info. Vieni a leggere, grazie!
http://merendasinoira.wordpress.com/2011/01/24/entro-il-6-febbraio-liberiamoci-del-maiale/
http://kemikonti.blogspot.com/2011/01/nuovo-post.html
ma la colpa è solo del governo?
ste MAIALE beccano decine di migliaia di euro dandola ai potenti, CI GUADAGNANO, e chi manca di rispetto è solo chi le paga?
tra l'altro l'atteggiamento di queste "vittime del maschio cattivo" è purtroppo solo l'esaltazione di un atteggiamento ancora statisticamente in auge anche presso le donne "normali", ovvero LO SCROCCO SISTEMATICO.
per non parlare dello scrocco post-separazione...
meno male che la società è maschilista...
luciano er califfo.
Il 20 Marzo è ancora lontano!
-Per la satira politica quoto Er Califfo.
Cara Merendasinoira odio Berlusca quanto te e quanto Luciano, ma finchè ci son donne che per una piccola passeggiata alzano 6000 euro mentre io devo lavorare duro 4 mesi per guadagnarli direi che siamo in una società molto poco maschilista ...guidata da un coglione patentato